Calcio(mercato) e media: una simbiosi troppo difficile

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giornaliDevo rivelare un personale sentimento. Con frequenza assidua sono in contatto con i giornalisti, amici o conoscenti. A volte si discute serenamente, in altri casi si polemizza, in altri ancora ci si arrabbia nel commentare avvenimenti sia di calcio giocato che di quello (stra) parlato. Succede talvolta che tali confronti diventino molto caldi a causa di divergenze su aspetti tecnici od umani ma restano dibattiti e confronti necessari per la crescita di ognuno di noi. Capita a me e credo che capiti a tanti altri. Nei periodi di calciomercato sono però molte volte dalla parte di alcuni amici giornalisti per un motivo semplice e chiaro: l’immane stress a cui sono sottoposti  nel dover essere continuamente “sul pezzo”, ossia sulla notizia ventiquattr’ore su ventiquattro. Questa estremizzazione nel lavoro comporta non soltanto una fatica psicofisica abnorme ma anche una pazienza infinita, una invidiabile tolleranza ed una diplomazia tale da far tornare alla nostra mente la mediazione dei grandi ambasciatori nei periodi prebellici. Lo scenario è complesso, a volte direi quasi raccapricciante per chi lo vive e per chi lo osserva. Il terreno della “lotta” è vastissimo: va dalla necessità dell’editore di catturare assolutamente per primo la notizia di un trasferimento di un calciatore (ma che dico anche una trattativa od ancor prima un semplice contatto telefonico), al “presidio” delle sedi delle società per scorgere i vari personaggi potenziali depositari di novità (scoop), agli scatti fotografici per immortalare un incontro, il tutto finalizzato al titolo ad effetto. In questo scenario non si contano i tentativi vani di telefonate agli addetti ai lavori i quali il più delle volte hanno i cellulari spenti proprio nel momento di una firma su di un contratto attesa spasmodicamente da tempo. Se invece i telefoni risultano accesi diventano dispensatori di sms banali, ripetitivi, a volte irritanti come: “Sono in riunione”, “Ti richiamo io”, “Sono incasinatissimo” e tante altre banalità. Probabilmente tali frasi vengono fuori automaticamente dall’archivio preimpostato del cellulare stesso. Non si rispetta nemmeno il diritto ad una risposta ad personam; il telegrafico sms viaggia da un robot ad un individuo cosmico vago ed etereo. E’ il gioco delle parti, si dirà, fra chi vuol sapere e chi non vuol dire o non può dire ed io confermo che è realmente così. Non per questo posso o debbo esimermi dal contrastare tali esasperazioni tra chi lavora nell’interesse della società che lo remunera e chi deve proteggere gli interessi di un calciatore e chi deve informare necessariamente dapprima l’editore e subito dopo i tifosi anch’essi esageratamente affamati di buone nuove! Ho parlato evidentemente di una informazione a tutti i costi (sia chiaro che quest’analisi riguarda tutti gli aspetti della vita quotidiana dalla politica alla cronaca giudiziaria) ed immediata per non essere “bruciati” sull’altare dell’onnipotenza di internet! Ma vi pare possibile e vivibile una giornata di lavoro in cui un minuto dopo aver profferito una sillaba (una sola sillaba) ad un interlocutore telefonico, immancabilmente arriva lo scappellotto morale, sempre via sms, finanche da oltre oceano perché reo di non aver avvertito in tempo qualcuno e quindi passibile di non essere considerato più un vero amico?

Dal primo giorno di luglio al 31 di agosto arriva il momento clou di un mezzogiorno di fuoco (tale perché si unisce anche l’insostenibile caldo atmosferico del periodo) in cui il duello psicologico e verbale tra gli operatori e l’informazione raggiunge l’acme della tensione. Resteranno poi le scorie  delle incomprensioni, delle polemiche che si materializzeranno in seguito a campionato in corso. Ognuno farà sfoggio di dialettica, di spiegazione di una sconfitta, di ricerca delle cause di una crisi di risultati oscillando pericolosamente da una nevrotica discussione (nel più nobile dei casi) agli insulti fino alle querele. Sarebbe molto onesto invece affermare che questo sistema  non è più concepibile essendo venuto meno il buon senso ed il rispetto dei ruoli. Sono due, a mio parere, le possibili ed opposte soluzioni: a) fare tutti un passo indietro (così oggi gli attuali inventori di nuove espressioni modaiole amano dire) rinunciando ognuno a qualche profitto. Un esempio semplice? Evitare di strumentalizzare i media come cassa di risonanza determinante per la pubblicizzazione di un personaggio, di un calciatore o di un evento (chiaramente parlo di aspetti gonfiati e non di fatti obbiettivamente importanti) o dall’altra sponda (quella dell’informazione) ritornare nel proprio alveo di cronaca e di critica lasciando agli addetti ai lavori la più ampia libertà di strategie a volte necessariamente silenziose; b) in un’epoca tecnologica ed organizzata come quella attuale potrebbero essere previsti durante trattative di trasferimento i rappresentanti dell’informazione che in diretta colloquierebbero con i lettori circa l’evoluzione dell’evento. Per la verità oggi già succede ma senza ufficialità e soltanto con l’abilità ed i rapporti che il giornalista coltiva con il dirigente di turno. Questa seconda ipotesi ricorda un po’ciò che è avvenuto nei consigli di classe nelle scuole (con i professori si accomodano al tavolo della discussione anche i rappresentanti di alunni e genitori), ipotesi che, con un termine caro a Giampiero Mughini, aborro!!! Penso di poter affermare che la strada da seguire non possa non essere la prima ipotizzata perché seria, equilibrata ed intelligente. Temo però che nell’era del business esasperato risulti utopistica, antiquata e non “al passo con i tempi” (riferisco spesso queste espressioni moderne pur disdegnandole perché ripetute, copiate e quindi banali). Non dimenticherò mai un proverbio in uso un tempo: “Il progresso porta con sé il regresso”. Ricordo a tutti con mia grande nostalgia gli anni in cui i dirigenti depistavano letteralmente i giornalisti per portare a termine una trattativa senza clamore e per questo più economica. Ma se questo oggi non è più ipotizzabile allora si trovi un punto di incontro tra le categorie per evitare uno stress nemico delle trattative e soprattutto della salute di tutti. Chissà se siamo ormai giunti al punto di non ritorno. Spero ardentemente di no! Altrimenti porgo sentiti auguri a chi non condivide con la preghiera però che nessuno si lamenti più!

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