Stavolta non mi sono fatto convincere da nessuno. Ho resistito alla tentazione di partire, lasciando il mio posto in tribuna ad un altro juventino. La partita l’ho vista in tv con qualche fidato amico e le nostre rispettive mogli. Menomale! Mi sono risparmiato un’altra serata triste davanti agli avversari che sollevavano la coppa e con il solito rimpianto: potevamo vincere! Con sincerità assoluta devo però premettere che in finale eravamo arrivati per una serie di coincidenze a noi favorevoli e che mai si erano verificate in passato in questa maledetta competizione. Mi riferisco a sorteggi morbidi e alle problematiche tecniche capitate ad alcune formazioni prestigiose come il Borussia Dortmund ed il Real Madrid. Ma proprio in considerazione di questa fatalità positiva (anche il Barcellona d’altronde aveva incontrato un Bayern Monaco disastrato da infortuni) ho sperato che potesse trattarsi di un anno magico in coppa campioni. Perdonatemi se io amo chiamarla ancora così. Gli spagnoli ci hanno concesso cinque palle gol e per giunta in una finale. Il loro portiere non mi è sembrato un superman così come Dani Alves è ormai ai titoli di coda e Mascherano come centrale difensivo appare una vera e propria forzatura. Se avessimo avuto la lucidità di non scoprirci troppo dopo il pareggio (il nostro secondo gol sembrava a portata di mano) forse, chissà, avremmo potuto farcela. Invece proprio in quei minuti abbiamo lasciato loro il contropiede che è la loro arma letale. Sono però questi i discorsi del senno di poi. Io penso e spero che la società abbia già individuato i ruoli in cui per età o per progressivo miglioramento arrivino quei calciatori che consentano di restare ai vertici internazionali. Difatti la frase che più ha permeato il mio animo nel corso della storia della Juventus è quella pronunciata da Edoardo Agnelli nel 1926 (secondo scudetto della società bianconera ed il primo della famiglia): ” Ogni cosa fatta bene può sempre essere fatta meglio”. Fu con questa filosofia che si preparò il quinquennio e la leggenda. Altre frasi attuali non le condivido, non mi piacciono perchè non arrivano nella profondità dell’animo. La frase di Edoardo la vedrei meravigliosamente ricamata sul colletto delle maglie bianconere. Su otto finali giocate, una soltanto non mi ha lasciato rimpianti: quella di Belgrado del 1973 contro l’imbattibile Ajax di Johan Cruijff. Quei giocatori erano da catalogare dal primo all’ultimo nella categoria dei “mostri”. Eppure avevamo anche quell’anno una grande Juventus, tanto per intenderci, formata da fuoriclasse quali Haller, Altafini, Anastasi, Capello, Bettega e mi fermo qui per non dettare tutta la formazione. Ma ad Atene (Amburgo), ad Amsterdam (un qualunque Ajax), a Monaco di Baviera (Borussia Dortmund) ed a Manchester (Milan) non dovevamo assolutamente perdere e quest’anno potevamo persino vincere. Contano però i fatti come ammettono sempre le persone serie, perbene e professionali: le coppe conquistate sono ferme a due! Ma sono certo che recupereremo questo gap così come ricordo sempre a me stesso e agli altri che sugli scudetti devono essere gli altri a battersi per ridurre le distanze e da buon medico sono solito invitare i pazienti a dire: “Trentatre”.
